Sklero Istanbul giorno 12: Panagyurishte-Asenovgrad. Complici le aumentate temperature, non so se caratteristiche della regione o se dovute alle condizioni meteo di questi giorni, e le salite iniziali, per la prima volta possiamo partire subito con la divisa estiva.
In poco tempo superiamo le ultime colline che terminano l’altopiano in cui ci troviamo: dall’ultimo scollinamento si riesce a farsi un’idea chiara della geografia della zona: a sud si distinguono bene, nonostante un po’ di foschia, i profili azzurrini di grandi montagne, i monti Rodopi, al confine con la Grecia; verso est, invece, nella nostra direzione l’orizzonte è piatto… la via per Istanbul è aperta e non ci sono ostacoli naturali.
Proseguiamo quindi veloci, aiutati anche da un po’ di vento a favore, nella grande pianura che si apre davanti a noi. Il carattere agricolo della regione è evidente per i continui campi in cui troviamo immersi e dai numerosi banchetti di contadini che espongono i loro prodotti e che troviamo lungo la strada. Incredibilmente bassi i prezzi: con 1 euro, che accettano nonostante la Bulgaria, non abbia già adottato l’Euro, compriamo pesche e uva per tutti.
Facciamo una sosta per mangiare anche sulle panchine all’ombra in un parco di un piccolo paese, Trivoditsi. Un gruppetto di bimbi, usciti da una scuola vicina, arriva, curioso e si ferma davanti a noi. Pochi istanti e uno di loro, paffutello, dalla carnagione scura si rivolge ad ognuno di noi dicendo “What’s your name?”, “How are you?”.
È sicuramente il più spigliato e quello che conosce meglio l’inglese. Le bimbe che lo accompagnano vorrebbero fare domande ma si vede che sono un po’ in imbarazzo. In breve arrivano altri bimbi, tutti ci chiedono come ci chiamiamo, è una frase che conoscono bene. Davide, subito modificato in Davide, lo capiscono subito, Sandro, semplificato in Aleksandr saggiamente dal Passero, anche. Fabio invece risulta meno comprensibile alle loro orecchie. La timidezza passa in fretta, tutti i bimbi ci fanno domande sensate anche in bulgaro, poche sono le risposte, per lo meno quelle sensate. Finisce l’intervallo, i bimbi tornano a scuola, noi riprendiamo la via.
Giungiamo a Plovdiv nel primo pomeriggio. Alcune rovine di vecchi edifici attraggono la mia attenzione, il viaggio ha cambiato dimensione, è diventato un viaggio nel tempo: siamo giunti a Filippopoli, capitale della Tracia. La Tracia.
Da sempre nei libri di storia ho letto della Tracia, definita come “una regione a nord della Grecia”, una regione che per i greci era abitata da ‘barbaroi’ (quelli che parlavano un’altra lingua, incomprensibile, il cui suono assomigliava ad un “bar-bar”….). Mai avevo preso un atlante storico per capire dove fosse esattamente. Ora ci sono arrivato in bicicletta. Ora mi è chiarissimo dov’è.
Faccio il turista e visito il centro della città. Bella, ricca, un corso pedonale – la polizia mi ferma subito per farmi scendere dalla bicicletta – è brulicante di vita, pieno di locali, bar, gelaterie e negozi di ogni tipo. L’arena romana, restaurata, è parzialmente visibile in un’apertura del piancito del corso principale, il teatro romano, di cui è conservato ancora parzialmente la scena è tutt’ora utilizzato per fare spettacoli – e proprio ora stanno facendo le prove. Salgo nello Stari Grad (borgo antico), un dedalo di vicoli e scalette che separano abitazioni del XVIII secolo. Salgo anche su una delle collinette che caratterizzano la città fino alla Torre dell’Orologio per avere una vista dall’alto della città.
Felice di questa mia “scoperta”, copro gli ultimi chilometri di giornata fino all’albergo ad Asenovgrad.
Il viaggio dei nostri Sklerociclisti – Fabio, Davide e Sandro – continua in direzione Istanbul in questa prima parte della moderna Via della Seta. Seguiteli insieme a noi.
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10. continua