Sklero Istanbul, ecco l’Oriente: tanto, tutto, quasi troppo

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Eccoli i nostri eroi. Ed ecco il viaggio lungo la prima parte della loro moderna Via della Seta, direzione Istanbul. Loro sono Fabio Frascari, che pedala e scrive, e i suoi compagni Sklerociclisti Davide Ecchia e Sandro Passini.

Sklero Istanbul, giorno 14: Lyubimets-Kirklareli. Lasciamo l’ultimo paese della Bulgaria in mezzo alla nebbia. Ci vorrà un po’ perché il sole la sciolga. Il passaggio diretto dalla Bulgaria non ci è possibile perché dovremmo percorrere un tratto di autostrada, quindi è necessario un breve passaggio in territorio greco. Nonostante Bulgaria e Grecia siano entrambe in Europa il confine è presidiato e ci fermiamo per i soliti doppi controlli dei passaporti.

Il tratto da percorrere in Grecia è breve e giungiamo velocemente all’ultima frontiera da attraversare: quella con la Turchia. Una strada minore,, uno dei pochi tratti in cui pedaliamo all’ombra di alberi, ci porta alla frontiera. Questa volta il cambiamento c’è, si entra in Oriente, che si presenta subito come uno se lo immagina dai racconti dei viaggiatori di ‘700 e ‘800.

Un arco, quasi fosse l’ingresso in un parco, con la scritta “Turkey” sancisce l’ingresso alla dogana. Pavoni affollano i prati dell’area doganale, un paio sono appollaiati su un piano accanto all’ufficio del doganiere che controlla i nostri documenti. Viene fatto anche un finto controllo dei nostri bagagli.

Superata la dogana, gli alberi spariscono nuovamente e tornano i campi gialli o marroni, ma prestissimo un’altra immagine attira la nostra attenzione e alimenta la nostra meraviglia: Edirne, irta dei minareti e delle cupole delle sue moschee si staglia nettamente sull’orizzonte di fronte a noi.

Con poche pedalate entriamo nella città, euforici ed emozionati, per lo meno io lo sono. L’Oriente si presenta subito come l’ho sempre immaginato fin dalle sue porte. Diversa la reazione del Pres che sembra un po’ frastornato dal repentino cambiamento.

In effetti dopo giorni di niente e di nulla, qui c’è il tutto, il tanto, il troppo.

Caos, auto, clacson, via vai di persone ovunque. Negozi che espongono tutta la loro merce in strada, con evidente voglia di mostrare abbondanza: montagne di pomodori, cumuli di cavoli, cataste di angurie e meloni, frutta, dolciumi.

Arriviamo nell’ora della preghiera annunciata dal muezzin che richiama i fedeli con la voce metallica degli altoparlanti e tanti entrano nella moschea aumentando la folla di persone che invece si reca a mangiare in uno dei mille chioschetti, bar e ristoranti disposti lungo le vie del centro.

Dopo esserci fermati anche noi per il pranzo, ci lasciamo alle spalle la splendida moschea di Uc Serefeli e riprendiamo la nostra via. In poco ci troviamo nuovamente in mezzo alla campagna gialla dei campi di grano già mietuto e marrone dei campi arati. Tutto come ieri, si potrebbe pensare, eppure tutto diverso, tutto sembra ammantato di magia, della magia di luoghi remoti da tanto ambiti.

Con cadenza regolare attraversiamo un territorio increspato, è un continuo su e giù su piccoli rilievi, poco di più che dossi. Ogni sei-sette chilometri un paesino, preannunciato in lontananza dal suo minareto.

Ancora una volta lo spettacolo del tramonto si apre alle nostre spalle e le nostre ombre lunghe della sera anticipano il nostro arrivo di qualche secondo.

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12. continua