Sklero Istanbul, a Sofia ritroviamo il giallo dei cucinotti anni 70

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I nostri Sklerociclisti (Fabio Frascari, che scrive il diario di viaggio, Davide Ecchia e Sandro Passini) sono in Bulgaria, in direzione Istanbul, meta finale del loro viaggione che è una prima parte della Via della Seta. Ecco, come ogni giorno, il loro racconto accompagnato dalle foto della loro cicloavventura.

Sklero Istanbul giorno 11: Dragoman-Panagyurishte. Lasciamo Dragoman piuttosto presto, complice l’impossibilità di fare colazione in albergo. Il sole già alto fatica a scaldare l’aria frizzante del mattino ma rivela la povertà della cittadina in cui abbiamo alloggiato nella nostra prima notte bulgara. Case spoglie e fatiscenti, automobili scolorite dal sole, ruggine sui cartelli stradali e su tutto ciò che può arrugginire.

Ci dirigiamo verso Sofia, sul percorso troviamo una nuova strada in costruzione, non è nemmeno segnata dalle carte del navigatore. Nessuno degli operai in cantiere ci ferma e anzi tanti ci salutano… Proseguiamo, questa strada sembra ridurre il nostro percorso… Se non fosse che la nuova strada finisce in un campo e che dobbiamo poi attraversare i binari e un campo con la bici in spalla per tornare poi su un’altra strada secondaria.

L’ingresso a Sofia è, come facile ipotizzare, su strade trafficate e caotiche di una periferia piuttosto squallida. Seguendo le indicazioni per il centro riusciamo ad arrivare alla zona monumentale giusto in tempo per il cambio della Guardia. Dal palazzo presidenziale proseguiamo nel centro storico su strade lastricate da piastrelle di un curioso colore giallo-triste-cucinotto-anni-70 fino all’imponente cattedrale “Alexander Nijevskj”, monumento simbolo della città. Sarà il centro aperto alle automobili, sarà il mix di stili degli edifici, sarà l’improbabile colore della strada, il centro di Sofia non suscita quello senso di stupore e meraviglia che di solito colpisce il viaggiatore o anche solo il turista nel vedere luoghi nuovi. Forse è solo un’impressione ma si respira in generale un’atmosfera mesta e un po’ triste anche nelle persone che incrociamo.

L’uscita dalla città è facilitata da una ciclabile lungo una delle vie principali che ci evita lo stress della guida della bici nel traffico cittadino. Dopo aver attraversato un’ampia pianura coltivata, la traccia ci porta in un saliscendi boscoso. Spariscono gli edifici moderni ma già vecchi e cadenti e prende il sopravvento la natura. L’idea di pedalare in luoghi remoti prende piede e il viaggio continua con maggiore facilità.

Anche i piccoli paesi, nonostante l’evidente povertà, sono più curati e ordinati ma senza capacità ricettiva per cui dobbiamo allungare la tappa fino a Panagyurishte come ci suggerisce una giovane coppia a cui chiediamo informazioni. La sera, entrando nel ristorante il gestore ci chiede dove abbiamo lasciato le bici: è lo stesso ragazzo a cui abbiamo chiesto informazioni! Meraviglie del viaggio!

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9. continua