La storia di Brambillasca e il suo amore per la PBP

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“Ho chiamato mio figlio dopo una delle ultime salite della Dolomitic Way e mi sono emozionato molto” lo dice commuovendosi di nuovo Franco Brambillasca, una di quelle persone che la bici l’ha vissuta in ogni modo possibile scoprendone un nuovo lato a 60 anni.

Brambillasca è un stato un ciclista come tanti, un semplice amatore con la passione della bici, forse anche troppa ci dice “troppa passione ti spinge ad abbracciare la bici sia di giorno che di notte”. Ma nel suo passato la bici l’ha vissuta in tanti altri modi: da dilettante prima, quando corse con Bertoglio e Stanga, e da fotografo poi “Ho fotografato Baronchelli, Merckx e Gimondi in qualche Giro ed in alcune 6 giorni” fino a scoprire un nuovo modo di interpretare il ciclismo pochi anni fa.

Prima dei 60 anni lui non conosceva minimamente il mondo delle randonée “Avevo visto queste luci di notte ma erano talmente pochi che pensavo fossero dei privati”, poi, grazie all’amico Alberto, scoprirà una sorta di nuova mamma ciclistica che lo prenderà e gli farà scoprire la Paris-Brest-Paris, così come tutte le altre randonnée.

La Paris-Brest-Paris, per chi non la conoscesse, è la regina delle randonée, una corsa di 1200km che vede coinvolti ciclisti provenienti da più di 70 paesi. Ma lo spirito della corsa è tutt’altro che quello di una gara, anzi forse i primi ad arrivare sono quelli che meno vivono il vero spirito di un evento che non si può capire fino in fondo se non lo si vive.

Franco l’ha già disputata 2 volte, quella di quest’anno è la terza, e l’ultima volta nel 2019 la chiuse addirittura come 4° italiano con un super tempo. Però i tempi di conclusione in questo mondo, come già detto, non sono la cosa più importante. Lui stesso rimpiange di aver interpretato entrambe le volte la corsa con “testa bassa e pedalare” e per questo è dispiaciuto di non aver vissuto alcune cose “i miei amici mi raccontano di aver dato il cinque ai bambini a bordo strada, di averci parlato e delle storie che gli hanno raccontato o delle cartoline che gli hanno dato, ripensandoci mi dispiace non avere questi momenti” ma, pure per questo, oggi è di nuovo in terra francese per scoprire un lato di questa corsa che gli hanno solo potuto raccontare.

Il bello del mondo delle randonnée sono proprio quelle emozioni che in una qualsiasi granfondo uno non potrebbe mai provare. Lui stesso è stato uno di quei ciclisti che “ogni anno provi a fare una granfondo più forte dell’anno prima per pensare di star ringiovanendo”, ma, dopo aver corso per anni e anni con questo spirito ha provato a rallentare (“invece che pedalare gli 80/100km a 30/35 all’ora provate ad andare a 20/25 all’ora, dopo avrete voglia di continuare a stare in bici e non vorrete più scendere”), e lo stesso ha consigliato ai suoi amici, i risultati? Gli hanno dato tutti ragione. Rallentando e prendendo la bici con spirito diverso si scopre un nuovo mondo, spesso sconosciuto, e si riesce a vivere una nuova dimensione della bici.

Il bello del ciclismo alla fine sono le emozioni, non i risultati. Quando gli abbiamo chiesto il ricordo più bello legato alla bici la risposta non poteva che non essere legata ai figli, le pedalate condivise con loro e la soddisfazione di potersi ancora oggi divertire con la bici sono le 2 cose che più gli toccano il cuore. I bei risultati raccolti da dilettante? Niente di paragonabile all’amore per la bici e per la famiglia.