Giulia, 8.000 km in bici fino a Chicago per un viaggio nel tempo

Giulia Baroncini e la sua bicicletta
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Se la cercate è in giro. Presto la vedrete pedalare sulle strade d’Europa e poi, via Londra, fino a Chicago, dove Giulia Baroncini arriverà a novembre. Ovviamente grazie alla sua bicicletta. Un percorso tra libertà e provocazione, sulle orme del primo cicloturista che fu: Luigi Masetti, l’uomo che alla fine dell’ ‘800 fece «il viaggissimo». Racconta Giulia che l’idea di ripercorrere la strada del Masetti «è nata due anni fa». Di più. «Avevo un periodo un po’ strano, una crisi esistenziale – racconta -, quelle cose del tipo cosa vuoi fare nella vita eccetera. Ero in libreria. Trovai questo libro, “L’anarchico delle due ruote”. Ne sono rimasta folgorata». Giulia ha 33 anni, ha studiato Lingue all’università, viaggiare è la sua vocazione, il suo credo. E la bici alimenta la fede. «Per me la bici è anarchia. Intesa come libertà. E io avevo bisogno di libertà»

Quindi il 9 giugno 2023 parte per rifare il viaggio di Masetti?
«Sì, e nella preparazione il libro mi ha fatto e mi farà da guida. L’ho letto sei volte, volevo che il mio viaggio fosse il più possibile vicino a quello di Masetti. Farò 8.000 chilometri fino agli States. Ovviamente ho dovuto riadattare qualche tappa alla contemporaneità. Non è stato facile. Come non è stato facile calcolare il percorso sulle mie capacità».

Lui ci mise due mesi. 
«A me piace fermarmi, fare video. Vivere gli imprevisti. Tante cose non sono più le stesse dell’Ottocento: la barca che da Londra va a New York, per esempio. Dovrò prendere l’aereo, cose del genere».

Chi è Masetti, per lei, oggi?
«Un folgorato dell’800. Una persona che tutti dovrebbero conoscere. Uno che non aveva paura di niente. E’ difficile trovare persone così. Mi sono rivista in lui, ho avvertito tante cose in comune. Lui è del Polesine, dove è nato il mio papà, dove sono nati i miei nonni. Parlava inglese, francese, spagnolo, tedesco. E anche io. Ho detto: “Oh, ma questa sono io nell’Ottocento”. Chiuso il libro ho detto ok, devo fare qualcosa. Dare visibilità a quest’uomo. Le nostre radici sono importanti. Anche nel cicloturismo».

Qual è la cosa più difficile di questo viaggio?
«Volevo fare una cosa per gli affari miei, senza dire nulla a nessuno. Poi ho cominciato a raccontarlo e alcune aziende mi hanno fornito il materiale, mi hanno dato una mano. Ho visto tanto entusiasmo nelle persone. Un mio amico mi ha detto: “Giulia, devo farti la bici per il viaggio”. Va bene. Abbiamo lavorato molto assieme, studiato una bici per tempi moderni ma con i colori del vintage. Lo dico subito: il viaggio è autofinanziato, ho fatto un investimento io. Non sono riuscita a chiedere sponsor. Con i materiali mi hanno dato una mano». 

Ha detto che con il suo viaggio vuole ispirare. Chi e che cosa?
«I motivi e le finalità sono tante. Il lavoro, per esempio. Molti restano chiusi nella loro gabbia. L’ho fatto anche io, è un errore. Voglio che passi il messaggio: insegui i sogni, fai quello che ti piace fare, senza lasciarti condizionare dal resto. Ho mollato il lavoro perché non era più la mia strada. Ma poi c’è un altro motivo per cui faccio questo viaggio».

E quale?
«C’è la chiave femminista: potevo seguire le orme di altre donne che hanno fatto la storia, invece ripercorro le orme di un uomo che ha fatto un’impresa. Di solito le domande che mi fanno tutti sono: sei donna, ce la farai? Vai da sola? Eh no, basta: sono domande che non voglio più sentire. La bici è uno strumento di emancipazione».

Che lavoro faceva?
«La receptionist. Ma il punto è un altro. Nella mia vita ho sempre viaggiato. A 26 anni ho iniziato a presentare i miei cv e mi dicevano: “Giulia, tu hai viaggiato molto ma non hai mai concluso nulla”. Ma come? Ho lavorato all’estero, ho fatto questo e quello. Però, mi dicevano, non ti sei specializzata in qualcosa. Poi è arrivato il contratto indeterminato come receptionist, ma non era il mio genere e mi sono creata una sorta di gabbia. Quando è arrivato il covid mi hanno detto: “Tieniti il lavoro”. No, mi sono licenziata: per me è stata un’opportunità. Il libro di Masetti e la bici sono stati la mia medicina».

Cosa ha lasciato nel passato?
«Tanta timidezza. Da piccola non parlavo con nessuno. Grazie a un viaggio mi sono svegliata. Avevo tredici anni. Era in Spagna, andai in una famiglia, uno di questi scambi fatti con la scuola. Fu la prof a insistere. Non ci volevo andare, poi quel viaggio mi ha cambiata. L’università l’ho fatta perché volevo andare in Erasmus, viaggiare, studiare e viaggiare. Ecco, adesso sto tornando sulla mia rotta».

In tutto questo la bicicletta come l’ha incontrata?
«Grazie all’esperienza negativa negli hotel. Incredibile. E’ lì che ho conosciuto la bici, grazie a un ex collega, un portiere di notte, aveva la passione per il bikerafting. Nessuno voleva andare con lui. “Giulia, tu sei l’unica”, mi diceva. Poi si è licenziato, è andato a lavorare da un’altra parte, ma a me la passione della bici è rimasta addosso».

Pensa che non abbiamo più il contatto con noi stessi?
«L’abbiamo perso. Pedalando invece mi sono conosciuta molto, ho capito cosa volevo, e ho acquisito fiducia nelle mie capacità. Ho fatto un altro viaggio, questa volta a Tenerife. Ho detto: “Donna di pianura. Bene, mettiamoci alla prova con le salite”. Allora ho noleggiato lì una bici da corsa. Mi sono cancellata dai social. Ho portato un Nokia3310 giusto per telefonare a casa, e il Gps che mi faceva la strada. Non pensavo di farcela, invece ci sono riuscita». 

Per il replay del viaggissimo che cosa non ha programmato?
«Dove dormire. Però non andrò negli hotel, voglio evitarli. Lì non c’è contatto tra le persone. Userò la piattaforma Warm Showers, che è fatta per i cicloturisti. Si crea comunità, ho già qualche contatto. E poi andrò a salutare qualche amico in giro per l’Europa, sarà bello». 

Ha qualche aspettativa?
«No, zero. Non capisco bene cosa mi aspetta, ma so che sarà una figata. Non riesco a vedere il futuro. Immagino solo cose positive. Vado, e mi lancio nel vortice».

Noi di quicicloturismo.it seguiremo quotidianamente Giulia Baroncini, che ci regalerà pensieri e parole (e ovviamente immagini) del suo lungo viaggio verso Chicago.