Nove Colli: alcuni tratti di strada non esistono più

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E’ tutt’altro che terminata l’emergenza in Romagna per il maltempo e le inondazioni che hanno colpito una vastissima area tra il 16 e 17 maggio, e che ha comprensibilmente portato al rinvio della Nove Colli. Prevista per domenica 21 maggio e attualmente fissata al 24 settembre. Quando finalmente la situazione meteo tornerà alla normalità, si potrà fare una reale stima dei danni.

Ma per capire meglio come si è arrivati a questo disastro, abbiamo un interlocutore d’eccezione. Paride Antolini, oltre che appassionato ciclista e più volte prestigioso in mountain bike, è anche presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia Romagna.

Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia Romagna

«L’anticipo di tutto questo c’è stato con il maltempo di inizio maggio, poi 15 giorni dopo sono caduti altri 600 millimetri di precipitazione complessivi, di cui 200-250 in un sol colpo in un territorio che era già saturo d’acqua». Quantità inusitate per un terreno che poi, quasi sempre, è additato come “fragile”.

«Queste sono colline per lo più di argilla e arenarie tenere, quindi già di per sé sono rocce fragili che anche in condizioni normali sono in pericolo. A maggior ragione quando devono sostenere una precipitazione che non era prevedibile in questa entità».

Quindi danni nell’entroterra, e poi tanti danni anche a valle, dove i fiumi ed i torrenti sono esondati. «In quota l’acqua andrebbe trattenuta con una maggiore forestazione, mentre evidentemente a valle i fenomeni attuali ci stanno dimostrando che servirebbe più spazio per i corsi d’acqua. Ma ci troviamo di fronte ad argomenti delicati, perché se si vuole veramente fare una legge sul cosiddetto “consumo del suolo“, allora va anche fatta rispettare. Anche se le conseguenze potrebbero essere scomode e creare scontento».

Una frana in Romagna

«Sostanzialmente dobbiamo capire se questi fenomeni sono sporadici oppure, come ci viene detto da tempo, i cambiamenti climatici li stanno rendendo sempre più frequenti. Perché nel secondo caso è ovvio che vanno ripensate e riviste molte cose sul territorio».

Le strade della Nove Colli

Ancora ci sono evidenti difficoltà negli spostamenti e per le verifiche, ma è fin troppo chiaro che i danni nell’entroterra sono ingenti. In particolare nelle strade della Nove Colli, che storicamente hanno sempre sofferto di una qualcerta fragilità.

«Siano già al corrente che ci sono tratti di strada che praticamente non esistono più a causa delle frane, e per essere ristabiliti ci vorrà tempo. Per essere pronti per il recupero di settembre della Gran Fondo occorrerà fare sicuramente in fretta, perché quattro mesi sono pochi. Al limite gli organizzatori dovranno studiare un tracciato alternativo, perché a oggi molte zone non sono praticabili e difficilmente torneranno ad esserlo a fine settembre».

Ma che tipo di strade sono quelle della Nove Colli? Paride Antolini ripercorre un po’ la storia, non solo “sociale” ma anche tecnica. «Quando andiamo in mountain bike in zona, ci rendiamo conto che spesso pedaliamo su vecchie mulattiere. Quelle principali nel corso dei secoli si sono trasformate adattandosi ad ospitare prima i cavalli, poi carretti, poi motociclette, poi automobili e infine camion. Ma i tracciati sono rimasti quelli».

Un tratto della discesa di Pieve di Rivoschio in una foto che risale al 2015

Ma non è quello il reale problema. «Se notate bene, quando una strada frana, cede la parte che da metà carreggiata va verso valle. Come si sono realizzate quelle strade? Semplicemente il terreno che si rimuoveva nella parte a monte veniva poi riposizionato sull’altra metà, quella a valle. E’ sostanzialmente terra di riporto, ma se non si rinforza bene il “piede” di sostegno, oppure le precipitazioni sono estremamente violente, questa tende a cedere».

E per il ripristino? «Non sempre è possibile riportare una strada franata alla sua forma originaria. Di sicuro per farlo si devono includere opere più importanti di sostegno, e quando ciò è impossibile o estremamente complesso se ne cambia il tracciato».

Antolini insiste sul fatto che una buona prevenzione è sicuramente una soluzione valida. «L’acqua rappresenta un problema serio. Prima, molto prima, c’erano perlomeno i cantonieri che pulivano i canali di scolo e consentivano alla pioggia di defluire con ordine. Poi per risparmiare si sono aboliti e così i canali sono spesso ostruiti, o ormai inutilizzabili. Andando poi incontro a danni che si rivelano esponenziali».

«Quando si parla di strade, infatti, si fa attenzione solamente all’asfalto e alle buche. Ma pochissimo invece alla loro stabilità. E’ meglio una strada che non è propriamente un biliardo, dove si deve andar piano, ma che è stabile, piuttosto di una bella liscia che però di fronte a fenomeni meteorologici critici viene giù».