Vittorio Mevio è il decano delle Granfondo italiane. Dagli anni ‘90, infatti, Mevio organizza alcune tra le manifestazioni più importanti sul nostro territorio, e oggi è presidente del GS Alpi, società responsabile di quattro eventi che insieme costituiscono il Gran Trofeo: la GF Laigueglia (25 febbraio), la GF Alassio (10 marzo), la GF Briko Torino (12 maggio) e la GF Gavia e Mortirolo (23 giugno). Abbiamo parlato con Mevio del momento delle Granfondo italiane, e delle principali differenze con la situazione di 10-20 anni fa.
Mevio, quanto è cambiato organizzare le Granfondo rispetto a quando lei ha iniziato?
«Bella domanda! Ovviamente negli ultimi anni è cambiato il mondo e tutto si è dovuto adeguare di conseguenza, inclusi noi organizzatori. Io ho iniziato negli anni ‘90. All’epoca molti aspetti venivano presi sottogamba, un po’ alla leggera. Era molto più semplice perché più spartano, dilettantistico oserei dire. Questo ad esempio vale per la GF Laigueglia, che ho preso in mano una ventina di anni fa, ma in generale per tutto il mondo delle Granfondo. Oggi non ti puoi più permettere di trascurare nessun cavillo formale: con tutte le norme, le regole, le leggi che sono uscite in questi anni, se sbagli una virgola sei rovinato».
Compito degli organizzatori, dunque, è evitare imprevisti di ogni genere.
«Un tempo si pensava essenzialmente a programmare il post gara e gli eventi collaterali. Oggi, invece, bisogna preoccuparsi soprattutto del pre gara, prevedere qualunque incidente, anche il gatto che viene fuori dal cancello e attraversa la strada. Poi devi coprirti di assicurazioni e predisporre un gran numero di volontari. La sicurezza, per chi vuole organizzare Granfondo degne di questo nome, è diventata la priorità assoluta. C’è una frase che ripeto sempre: se nel cassetto hai 10 euro da spendere, 8 li devi impegnare per garantire la sicurezza dei ciclisti; gli altri 2 li puoi gestire tra gadget, pasta party e qualunque altra cosa ti venga in mente. Ma con la sicurezza non si scherza, abbiamo centinaia di volontari nei nostri percorsi, e rimangono fino al passaggio del carro scopa. A me dei primi interessa poco: mi devo occupare della pancia del gruppo e soprattutto degli ultimi, quelli più a rischio, quelli più in difficoltà».
Quali effetti ha prodotto la pandemia sul mondo delle Granfondo?
«Ha creato non pochi problemi, ovviamente. I costi sono aumentati e le spese per i partecipanti sono sempre più difficili da affrontare. Non parlo della quota di iscrizione, che pure in certi casi è a mio parere troppo alta, ma del contorno: autostrade, benzina, alberghi, se un amatore vuole portarsi dietro anche solo la moglie spende 400-500 euro. Per cui oggi molti selezionano le Granfondo a cui vogliono partecipare e fanno solo quelle, quindi vanno avanti solo gli eventi organizzati meglio, in modo corretto e sicuro. Ci tengo a dire una cosa, però…»
Prego.
«Ho l’impressione che il nostro settore stia iniziando a riprendersi. Stiamo tornando a fare buoni numeri, anche se ovviamente imparagonabili a quelli di 15-20 anni fa. Prendiamo la GF Laigueglia: nei primi anni 2000 arrivavamo anche a 3500 partecipanti, poi sono progressivamente calati e la pandemia ha rischiato di cancellare questa Granfondo completamente. Ma quest’anno le iscrizioni sono di nuovo in crescita, manca ancora un mese e abbiamo già superato i 1000 iscritti, l’obiettivo a questo punto è raggiungere quota 1500-1600. Mi auguro che questa nuova tendenza si confermi sempre di più, e perché questo avvenga è necessario innanzitutto continuare a lavorare bene. I costi sono molto alti, si parla di 80000-90000 euro solo per organizzare la GF Laigueglia, e gli sponsor sono sempre meno, perché le aziende sono a loro volta in grande difficoltà. Ma bisogna rimboccarsi le maniche: chi la dura la vince».
E la passione, sicuramente, non manca…
«Non manca mai, non mi ha mai abbandonato, nonostante gravi problemi familiari che ho avuto l’anno scorso. Avevo addirittura pensato di smettere, ma i miei figli mi hanno convinto a continuare e li devo ringraziare, perché mi diverto ancora tanto. È bellissimo anche vedere la stima, l’affetto e la riconoscenza dei partecipanti alle gare, che ormai mi conoscono da tanti anni».
Tra le quattro Granfondo organizzate dal GS Alpi, ce n’è una a cui tiene particolarmente?
«Sono come quattro figlie per me. Se devo sceglierne una, forse dico quella di casa, la GF Gavia e Mortirolo. L’ho costruita da zero 20 anni fa dedicandola a Marco Pantani che era mancato qualche mese prima, passa proprio sotto casa mia e quindi ci sono particolarmente legato. Inoltre, prevede nel percorso salite che hanno scritto la storia del ciclismo mondiale. Ma rispondendo così non vorrei fare un torto alle altre tre. Come dicevo prima, per me sono quattro figlie: come faccio a sceglierne una?».