Quella volta che lo spazzacamino Garin vinse la Parigi-Brest-Parigi (e poi diventò francese)

Tempo di lettura: 7 minuti

Tra meno di due mesi si correrà l’attesissima Parigi-Brest-Parigi, che da oltre mezzo secolo è ormai riservata esclusivamente ad amatori e randonneur. Sino al 1951 era una prestigiosa classicissima del ciclismo professionistico. Se ne corsero cinque edizioni. La seconda, nel 1901, venne vinta da un nostro connazionale, Maurice Garin, che pochi mesi dopo avrebbe lasciato la nazionalità italiana per acquisire quella francese e due anni dopo, già con passaporto transalpino, avrebbe trionfato nella prima edizione del Tour de France. Riviviamo l’impresa che 122 ani fa lo vide trionfare alla PBP nell’incredibile tempo di 52 ore. 

L’ultima vittoria da italiano Maurice Garin la conquistò trionfalmente alla Parigi-Brest-Parigi. Era l’agosto del 1901. Quattro mesi dopo lo spazzacamino valdostano avrebbe acquisito la nazionalità francese. Nella prestigiosa 1.200 chilometri dalla capitale all’Atlantico e ritorno fu protagonista di un grandissimo exploit che ancora oggi pare incredibile. Gli bastarono 52 ore e 11 minuti per percorrere la distanza, una performance che centoventidue anni dopo, con le strade perfette, le biciclette leggere e la preparazione scientifica, pochi riescono ad eguagliare. Uno sforzo gigantesco, Garin non ha mai dormito e non s’è mai riposato più di pochi minuti. Due lunghe giornate e due lunghe notti a pestare instancabilmente sui pedali, seminando o rincorrendo i suoi rivali. 

Maurice Garin era nato ad Arvier, in Valle d’Aosta, il 3 marzo 1871. Piccolo di statura (un metro e 63) e tarchiato, emigrò in Francia a soli 13 anni e fece per alcuni anni lo spazzacamino. Nel 1895 aprì a Roubaix un negozio di biciclette. Fu naturalizzato francese a 30 anni e mezzo, il 21 dicembre 1901. 

La prima edizione, corsa nel 1891, era stata così massacrante che si decise di organizzare la Parigi-Brest-Parigi soltanto ogni dieci anni per dar modo ai partecipanti di allenarsi adeguatamente, senza stress. Nel 1901 l’organizzazione viene assunta da Henri Desgrange, che ha appena fondato una nuova rivista sportiva, L’Auto-Vélo, e che due anni dopo avrebbe inventato il Tour de France. La gara, che nel 1891 era stata riservata ai soli francesi, diviene internazionale e vede alla partenza due categorie di ciclisti: i «coureurs de vitesse» (professionisti con allenatori) e i «touristes routiers» (cicloturisti senza assistenza). Ogni professionista è seguito da un’auto, che trasporta due 2 biciclette di scorta, e può rimanere in scia ai cosiddetti “allenatori” del proprio team, che si alternano davanti a lui quand’è in preda alla stanchezza. Il monte-premi è ricco: 10.000 franchi francesi per il vincitore, 2.000 franchi per il secondo arrivato e così via. 

La PBP 1901 incontra subito grande successo. Si iscrivono 273 ciclisti. Ma venerdì 16 agosto ne partono poco più della metà, 139. I professionisti sono 25, i turisti 114. Il grande favorito è il francese Lucien Lesna, che pochi mesi prima s’è imposto in due classiche, la Parigi-Roubaix e la Bordeaux-Parigi (che aveva già vinto nel 1894), ha già 37 anni ma viene dato sicuro vincitore. Maurice Garin, che si rivelerà il suo più irriducibile avversario, di anni ne ha 30. E’ uno dei tre italiani che si schierano alla partenza, gli altri sono il livornese Rodolfo Muller e il milanese Giuseppe Ghezzi. 

Il via viene dato un’ora prima dell’alba, alle 4.53. Il percorso è lo stesso della prima edizione, 1.200 chilometri. Lesna impone subito un ritmo forsennato e nel giro di una manciata di chilometri, agevolato anche dal vento favorevole, semina gli avversari. Il vantaggio cresce rapidamente. A Lamballe (km 431) e a Saint Brieuc (km 451) è già di un’ora abbondante sui primi inseguitori. Il battistrada arriva a Brest sabato quando non è ancora chiaro, alle 3.07, e il suo margine è salito a un’ora e 56 minuti sulla coppia formata da Aucouturier e Garin. Per percorrere i primi 600 chilometri Lesna ha impiegato 22 ore e 14 minuti, alla media di 22,233 chilometri orari. Il quarto, Fischer, ha un distacco di 2 ore e 44 minuti. Il primo dei cicloturisti, Rosière, è a Brest alle 9.20, insegue a 6 ore e 13 minuti. 

Per i primi la sosta è brevissima. Cinque-sei minuti e si riparte. Già da qualche ora il distacco tra il fuggitivo e la coppia che lo insegue s’è stabilizzato. E il trend non cambia. A Landerneau 2 ore, a Morlaix 1h58, a Guingamp 2h07, a Saint-Brieuc 1h54, le oscillazioni sono marginali, irrilevanti. Dopo il giro di boa sull’Atlantico il vento è contrario e la gara si fa più dura. Garin e Aucouturier fanno corsa parallela. Pedalano insieme, mangiano insieme. Non riposano. Il braccio di ferro continua sino a Rennes, poi prende una piega diversa. Lesna è molto affaticato e nell’ultimo troncone il suo vantaggio ha iniziato a ridursi. Quando arriva al controllo di Rennes è pomeriggio, sono le 15.30, c’è un caldo soffocante. Si ferma più del dovuto; oltre a cibarsi vuol fare anche una doccia. La sua sosta è di 18 minuti. Garin, che ha intanto lasciato Aucouturier, si concede una pausa molto più breve. Il suo inseguimento sta dando i primi frutti, il distacco è sotto l’ora. Il valdostano è a Rennes alle 16.22, mangia qualcosa in tutta fretta e torna in sella dopo tre minuti. Per questa sfida Garin aveva scelto una dieta particolare. Si cibava di riso, cotolette, uova cotte diluite in acqua minerale di Vichy, ostriche e tapioca. Come dessert, soltanto qualche acino d’uva. Mentre altri ciclisti optavano per un vino rosso molto forte, il valdostano scelse il tè e la cioccolata calda. Durante la notte, verso le 2, beveva una grossa tazza di caffè nero, leggermente zuccherato.  

Lesna è allora in piena crisi. All’uscita da Rennes gli resta un vantaggio di soli 37 minuti, stringe i denti e riesce a conservare la miseria di 18 minuti sia a Vitré (km. 885) che a Mayenne (km. 934). Gli altri concorrenti sono praticamente tagliati fuori, staccatissimi. Nei 50 chilometri che portano da Mayenne a Pré-en-Pail (km. 984), nel cuore della notte, avviene il colpo di scena. Poco dopo Laval, Garin raggiunge Lesna, che gli tiene testa per 20 chilometri. Poi il francese crolla e su una breve côte lo spazzacamino se ne va. In breve guadagna un margine di 40 minuti. Per Lesna, vittima di un colpo di calore, la Parigi-Brest finisce poco dopo, a 200 chilometri dal traguardo. Il francese scende di sella in aperta campagna, nei pressi di Saint-Denis-sur-Sarthon, si siede sul prato e scoppia in un pianto dirotto. Il suo sogno è andato in fumo. 

Col ritiro di Lesna le sorti della corsa sono segnate. Il francese Gaston Rivierre è in rimonta ma il vantaggio di Garin è rassicurante. A Mortagne-au-Perche, a 160 chilometri dal traguardo, il suo margine è di 2 ore e 52 minuti su Rivierre e quasi 4 ore su Aucouturier. Poco dopo Dreux (km 1116) albeggia e nelle ultime ore di corsa Garin viene scortato da migliaia di ciclisti tenuti a bada a fatica dai gendarmi e dagli agenti a cavallo. Quando entra nel Bois de Boulogne sono le 8.53 ed è un’ovazione. Tutta Parigi è in fermento. All’altezza del Pont de Suresnes vengono bloccati tutti i tram provenienti dalla Porte d’Auteil e le strade vengono sgomberate esattamente come avvenne un anno prima per l’Expo Paris 1900, quando si attendeva l’arrivo dello scià di Persia e del re di Svezia. 

Due trionfali giri della pista in cemento del Parco dei Principi (666 metri) precedono l’arrivo. Al termine della prima tornata, Garin saluta la sorella, che lo incita dal parterre. Suona la campana, ultime pedalate. L’avventura si conclude domenica 18 agosto alle ore 9.04. Lo spazzacamino afferra la corona d’alloro destinata al vincitore, bacia la sorella e va al controllo per la firma. La banda suona la «Marsigliese». Le acclamazioni sono persino assordanti: «Bravò, Garin». L’eroe della PBP viene accerchiato da un nugolo di fotografi e può abbandonarsi alla gioia, ma la festa è brevissima, non vuol nemmeno saperne di farsi massaggiare al velodromo, sale in auto e va a cercarsi un letto morbido e caldo in cui finalmente riposare. 

Garin ha impiegato 52 ore e 11 minuti per coprire i 1.200 chilometri, abbassando il tempo di Terront di 19 ore e mezza, ad una media di 22,919 kmh. Tolte le seppur brevi soste e i rallentamenti forzati, la sua media sarebbe ben superiore ai 23 orari. La bicicletta di Garin pesava poco meno di 20 chili. Era tutta in acciaio, fatta eccezione per i cerchi che erano in legno. Non aveva cambio né freni. Per rallentare occorreva agire con il contropedale. La guarnitura aveva 56 denti, il pignone fisso 20 denti, per uno sviluppo di 6,16 metri per pedalata. 

Dopo questa titanica impresa, il ciclista valdostano, già soprannominato “Petir ramoneur” (piccolo spazzacamino), si guadagna un nuovo appellativo, “Cul-de-fer”, ed un premio di 10.000 franchi, che raddoppia grazie agli emolumenti degli sponsor (bici, gomme, selle, bevande ecc). 

II secondo, Gaston Rivierre, arriva alle 10.59. E’ un francese, come il terzo, Aucouturier, che alle 11.42 taglia il traguardo affiancato allo svizzero Frédérick. Il temuto statunitense Miller è solo quinto; finisce la gara dopo 56 ore e 40. Si piazza bene anche un altro italiano, Muller, sesto con un ritardo di 7 ore e 37 minuti.

Al giorno d’oggi anche nei brevetti di lunga distanza i passaggi ai punti di controllo vengono rilevati attraverso i trasponder, e la sorveglianza sulle strade riduce al minimo i tentativi di frode, ma all’epoca del ciclismo dei pionieri era molto più facile aggirare i controlli. Pare che alle primissime Parigi-Brest-Parigi ci siano stati molti casi di ciclisti trainati per lunghi tratti dalle auto e che alcuni, addirittura, in auto abbiano compiuto alcuni tronconi. Al termine dell’edizione 1901 il secondo arrivato, Gaston Rivierre, presentò reclamo contro Maurice Garin, accusandolo non solo di essersi aggrappato per un lungo tratto ad un’auto ma anche di essersi fatto sostituire, sulla bici, dal fratello minore Cesare, che per la somiglianza poteva essere scambiato per lui. Chiamò in causa come testimone un commissario di gara, ma la commissione arbitrale, giudicando poco precisa e priva di prove oggettive la dichiarazione, rigettò il ricorso e confermò l’ordine d’arrivo 

La Parigi-Brest-Parigi viene portata a termine da 88 ciclisti. Il primo dei turisti, tale Rosière, impiega 62 ore e 26 minuti. L’ultimo arrivato taglia il traguardo una settimana dopo Garin! Si chiama Maillart, originario di Béthune, e per fare i 1.200 chilometri ha impiegato 230 ore, ossia più di 9 giorni e mezzo.  

Ordine d’arrivo: 1. Maurice GARIN (Ita, La Française) in 52h11’01”; 2. Gaston Rivierre (Fra) 54h06’46”; 3. Hippolyte Aucouturier (Fra) 54h49’28”; 4. Michel Frédérick (Svi) 54h49’28″; 5. Charles Miller (Usa) 56h40’40”; 6. Muller (Ita) 59h48’18″; 7. Kerff (Bel) 60h00’02″; 8. Chevallier (Fra) 61h20’22″; 9. Rosière (Fra, turista) 62h26’40”; 10. Chapperon (Fra, turista) 70h30’00”; 11. Prevost (Fra, turista) 72h40’30”: 12. Brange (Fra, turista) 73h06’38”; 13. Samson (Bel, turista) 77h59’18”; 14. Chevogeon (Fra) 80h50’45”; 15. Capron (Fra, turista) 81h33’20”; 34. Ghezzi (Ita) 97h52’00”. .