Sicurezza in bici, a Faenza si fa sul serio: ecco un nuovo progetto

In molti Paesi europei il "metro e mezzo" di distanza in fase di sorpasso è già legge
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Oggi parliamo di sicurezza e soprattutto di condivisione delle strade. Nel 2020 sono state vendute oltre 2 milioni di biciclette, con un incremento del 17 per cento rispetto al 2019. Merito sicuramente degli incentivi fiscali e del bonus bici, ma ci piace pensare che questo sia il frutto anche di un piccolo e graduale cambio di mentalità. Gli incidenti sono diminuiti, ma parliamo comunque di dati altissimi: nel 2020 sono stati 14.019 quelli che hanno coinvolto biciclette (e in una piccola parte monopattini), con 14.023 feriti e 176 vittime (dati Istat). Questi valori, però, sono purtroppo aumentati nei primi mesi del 2021: 87 i ciclisti che hanno perso la vita nei primi sei mesi.

La “legge salvaciclisti” è ancora in alto mare

Si fa spesso un gran parlare di sicurezza in bici, ma le tante e valide iniziative (scoprite l‘idea di Tocsen, lanciata a Eurobike) messe in atto nel recente passato purtroppo hanno portato a pochissimi passi avanti in quanto a tutela dei ciclisti sulle strade, soprattutto a causa della burocrazia italiana. L’esempio più lampante è la cosiddetta “legge salvaciclisti”: da oltre tre anni attendiamo che la norma sul metro e mezzo di distanza laterale in caso di sorpasso tra auto e chi pedala venga inserita nel nuovo codice della strada. Nel testo, infatti, è stata data rilevanza agli utenti più deboli ed esposti a maggiori rischi, ma non sono stati inseriti obblighi, neppure quello del casco. La riforma, contrariamente a quanto proposto prima della discussione in aula, non lo impone neanche per i minori di 14 anni.
Ma a questo punto, se la burocrazia esige dei tempi lunghissimi e la legge non ci tutela, dovremmo farlo noi. E soprattutto dovremmo partire dalle basi: l’educazione stradale e l’utilizzo del casco.

Progetto Sicurezza Faenza: un passo concreto

Prima abbiamo parlato di iniziative che vogliono promuovere la sicurezza in bici. Una di queste è il Progetto Sicurezza Faenza. E di educazione e regole di condivisione della strada ne abbiamo parlato con Alvaro Vanni, ideatore e presidente dell’Aps accreditata presso la regione Emilia Romagna.

Alvaro, di cosa si occupa Progetto Sicurezza Faenza?

«È un’associazione di promozione sociale che fa parte del terzo settore. Ha lo scopo primario di fare educazione stradale per la salvaguardia di tutti coloro che utilizzano la bicicletta come mezzo di spostamento, cicloturismo e sport. In particolare coloro che la utilizzano per recarsi al lavoro, come pure i ragazzi per andare a scuola».

Quali sono gli obiettivi?

«Ci siamo posti un programma con 10 punti fondamentali, suddivisi tra attività didattiche e pubbliche (eventi e collaborazioni), per promuovere e sensibilizzare l’educazione stradale. Campagne pubblicitarie, interventi, incontri, la “Giornata della Sicurezza Stradale” e molto altro, tra cui ovviamente molte collaborazioni. Con l’Avis Faenza e in particolare con l’Accpi (Associazione ciclisti professionisti) e con il loro responsabile della sicurezza Marco Cavorso per la campagna #SiamoSullaStessaStrada (cliccate qui per scoprire l’iniziativa). Siamo orgogliosi di aver sostenuto il progetto di Paola Gianotti per realizzare e istallare cartelli sul metro e mezzo tra ciclisti e auto. Solo nel comune di Faenza ora ce ne sono una ventina. Andremo avanti…»

Tra gli obiettivi ci sono anche incontri nelle scuole?

« Esatto, nelle classi elementari. L’intento è spiegare ai più piccoli anche il modo migliore di condurre la bici e ciò che prevede il codice della strada. Ma anche porre l’attenzione su alcune semplici regole e comportamenti da tenere».

Secondo voi, da cosa bisogna partire per incrementare la sicurezza in bici?

«Dalle piccole cose e soprattutto dalla cultura. Nel 2020 sulle strade italiane si è registrato un morto ogni 35 ore e il più delle volte gli incidenti sono stati causati da distrazioni che possono essere evitate facilmente».

In mancanza delle leggi, quindi si deve lavorare sulla consapevolezza di chi pedala…

«Sì, noi vogliamo fornire assistenza sui comportamenti pericolosi da non tenere quando si pedala e partire da questo. Ad esempio girare col telefonino e senza luci. Basta poco per evitare incidenti drammatici e tutti dobbiamo essere più consapevoli dei rischi che corriamo. Il cartello del metro e mezzo deve servire come monito. Non serve una distanza, serve un maggiore rispetto sulla strada. Una volta presa coscienza di ciò, in mancanza di leggi specifiche, riusciremo anche a ridurre i rischi, a vantaggio di tutti».