Qualche giorno prima della partenza della edizione 2024 della Ötztaler Radmarathon avevamo chiesto agli appassionati che avrebbe preso parte alla corsa di diventare dei nostri inviati per un giorno, raccontandoci la propria esperienza a Soelden. Davide Zibordi (uno dei nostri primi Prestigiosi di quest’anno) non ha perso tempo e, appena conclusa la corsa, ci ha mandato la sua testimonianza. Ecco come è andata la sua seconda presenza all’Otztaler:
«Fin dall’attesa della partenza in griglia si percepisce che l’Otztaler non è una Granfondo come le altre. Nelle retrovie non si sente volare una mosca, ma rimane impresso il silenzio assoluto dei partecipanti pronti al via. La tensione azzittisce tutti. Ognuno comincia a fare i conti con il dubbio di riuscire a tagliare il traguardo. Qui non ci sono possibilità di deviare su un percorso più breve in caso di crisi.
La fortuna ci assiste con un clima perfetto per pedalare, cosicché la discesa che porta all’attacco della prima salita e il temibile Kuhtai scorrono veloce. Salgo il primo Passo cercando di risparmiare più energie possibili e dopo una breve sosta al ristoro in vetta, riparto verso la velocissima scesa che porta al fondo valle verso Innsbruck. Lì mi aggancio a un bel gruppetto per rimanere coperto. Fa strano vedere le strade della città chiuse al traffico per farci passare e la quantità di gente in strada a salutare e applaudire dal primo all’ultimo partecipante.
Da Innsbruk imbocchiamo la statale che in 37 km ci porterà al Brennero, la pendenza media del 3% (circa) rischia di far sottovalutare questa salita. Memore dello scorso anno, dove dopo aver seguito un gruppetto troppo veloce per me mi ritrovai già in crisi, salgo in maniera prudente.
Dal Brennero in circa 30 minuti di discesa arrivo all’inizio dei 16 km di ascesa del passo Giovo. Qui le forze risparmiate in precedenza si fanno decisamente apprezzare. Il mio paragone con l’anno precedente (quando su questa salita le gambe non giravano più) mi da un’ulteriore spinta, sto salendo molto bene. Pausa per bere e mangiare all’affollatissimo ristoro del Giovo e inizia la discesa verso la Val Passiria con una vista pazzesca.
Dopo circa 20 km inizia la scalata ai 2509 m del Passo Rombo, che molti chiamano “il mostro” a causa dei suoi circa 1800 metri di dislivello su 30 km dopo averne già percorsi 175 con 3500 metri di dislivello. Arrivo al ristoro di metà salita, riempio per l’ultima volta la borraccia e approfitto della pausa per mangiare qualcosa. Riparto. Dopo poco iniziano gli ultimi 11 km con pendenze quasi sempre a due cifre. Lo sguardo verso l’alto va sullo stretto serpentone che la strada disegna sul ripido costone della montagna. Sebbene dopo tutta la strada fatta 10 km non sono tanti, questi sembrano interminabili.
A ogni tornante lo sguardo va a quello successivo nella speranza di vedere le caratteristiche magliette da finisher tagliate e appese ai margini degli ultimi tre. Arrivato lì manca poco all’ingresso del tunnel dove le arcigne pendenze lasciano strada agli ultimi 2 km quasi in pari. Sul Rombo si registrano 10 gradi. Un bello sbalzo dai 34 che c’erano a San Leonardo all’inizio della salita. Ma tanta è stata la fatica che non me ne resi conto fino all’inizio della discesa. Mi attende lo spauracchio dell’ultima rampa di 2 km al 10% prima del casello per il pedaggio. Il tratto non sarebbe neanche così temibile, ma dopo 11 ore in sella (di cui circa 8 in salita) farebbe paura anche un cavalcavia. Figuriamoci questo.
Sorprendentemente supero quest’ultima difficoltà in maniera più semplice del previsto. Qui mi rendo conto che è fatta. Mi attendono poco meno di 20 km di discesa verso Soelden, dove mi aspettano mia moglie e le mie figlie. L’ingresso in paese è bellissimo, si attraversa il lungo rettilineo dove la gente a bordo strada non lascia passare nessuno senza averlo incitato e applaudito. Finalmente arrivo alla secca svolta a destra che immette sotto l’arco del traguardo. Concludono un’avventura fantastica che rimarrà nel cuore per sempre».