Prestigio 2024, Davide Zibordi il sei volte Prestigioso cresciuto ammirando Pantani

Zibordi
Davide Zibordi con il suo cagnolino all'arrivo della Nove Colli (Gran Fondo monumento del Prestigio 2024)
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Si può nascere e vivere una vita in uno dei territori più pianeggianti d’Italia ed essere attratti delle salite? Sì. O almeno questa è la storia di Davide Zibordi, 54enne di Cavezzo (provincia di Modena), amatore che ogni volta che esce con la sua bici si vede costretto a farsi prima un’oretta di macchina per raggiungere le sue amate salite.

«La mia storia d’amore per il ciclismo nasce trent’anni fa, quando da ragazzo il mio idolo era Pantani. Io sono cresciuto sotto il mito del “Pirata”, non perdevo nemmeno una corsa sua. Seguivo ogni tappa del Giro d’Italia e ogni volta che lo vedevo scattare impazzivo. Però, questa mia passione per la bici, nasce da un paradosso: io sono di Cavezzo, paesino della basse modenese, territorio di pianura che più pianura non si può. Nonostante ciò, io da sempre prediligo la salita. Anche per una questione di caratteristiche, io vado meglio quando la strada sale. Quindi sono stato costretto ad trovare questo stratagemma per allenarmi su percorsi a me più adatti».

Ha fatto anche altri sport?

«Sì, anzi, per essere precisi il ciclismo è stato l’ultimo nel quale mi sono cimentato in ordine di tempo. Per tanto tempo ho fatto motocross, dai 18 ai 43 anni. In quel periodo lì la bicicletta la usavo solo per allenarmi, per rimanere in forma, ma il mio sport di riferimento era un altro. Una decina di anni fa ho subito un pesante infortunio che mi ha costretto a smettere con il motocross e per la riabilitazione al ginocchio malandato mi hanno consigliato di fare bici. Ovviamente era una cosa che a tempo perso facevo già e che mi piaceva fare. Quindi ho solo dovuto comprare una bici da corsa di miglior livello e da allora ho trovato un altro amore, da cui non mi sono più staccato».

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Davide Zibordi in vetta al Mortirolo con la sua bici

Quindi il suo primo approccio al mondo delle Gran Fondo arriva in tarda età?

«Sì. Solo 8 anni fa ho corso la mia prima Gran Fondo. Perché, prima di iniziare a correre le gare con tragitti così lunghi, mi sono preso qualche anno per abituarmi alle lunghe distanze e a pedalare per diverse ore. D’altronde arrivavo da un brutto problema al ginocchio. Si può dire che è stato un avvicinamento graduale. Importante è stato sicuramente lo stimolo arrivato dai miei amici e dal mio lato competitivo. Vedevo che anno dopo anno, mettendoci tanto impegno, riuscivo sempre a migliorare qualcosina. Sia da un punto di vista del chilometraggio, sia come dislivello. Finché, sette anni fa, ho deciso di fare il mio primo Prestigio. Da allora ho sempre fatto e completato questo circuito. Infatti, tralasciando l’anno del Covid che non si è corso, questo è il sesto anno consecutivo che riesco nel mio obiettivo. Guardando indietro per me è assurdo pensare a ciò. Quando ho iniziato, concludere tutti queste Gran Fondo da 150 chilometri con 4.000 e passa metri di dislivello sembrava un traguardo quasi irraggiungibile. Oggi è una cosa “normale”».

Qual è stata la sua prima Gran Fondo?

«La Gran Fondo Squali. Quell’anno capitai con la famiglia a Cattolica proprio nel weekend della gara. Inizialmente ero andato lì per farmi qualche giorno di mare, ma visto che il mese dopo avrei preso parte alla Gran Fondo Stelvio Santini mi sono detto che quella poteva essere una buona occasione per testare la gamba e mi iscrissi. Lì però peccai di inesperienza, perché presi parte al percorso lungo, ma non avevo le gambe per fare oltre 100 km e ci rimasi a metà percorso. Mentre, facendo il corto, conclusi qualche settimana più tardi la mia seconda corsa. Per me scalare lo Stelvio era un sogno già da bambino, ma dopo la riabilitazione era diventato il grande obiettivo».

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Davide Zibordi tornerà alla Gran Fondo dello Otztaler dopo l’esperienza positiva di qualche anno fa

Qual è il suo appuntamento preferito del calendario?

«La Maratona delle Dolomiti. In quei 3/4 giorni in Val Badia si respira l’atmosfera del grande evento. Devo dire che anche alla Dolomiti Race c’è una sensazione simile. Correre in quelle strade chiuse e vigilate dalla mattina alla sera è bellissimo. Anche perché lì non senti, come invece succede in altre Gran Fondo, il fastidio dei cittadini che si lamentano del fatto che stai bloccando la città. Anzi in quelle zone ti senti accettato come ciclista e la gente sta tranquillamente a bordo strada a incitare e salutare chiunque che passi. Dal primo all’ultimo. Questo è veramente l’essenza di questo sport, che però purtroppo in Italia non lo trovi da nessun’altra parte. L’unica volta che ho visto una cosa simile è stato a Solden, in Austria».

Come si costruisce il calendario di corse di un amatore?

«Io ho sempre guardato al circuito e agli appuntamenti proposti dal Prestigio. O almeno le tappe fisse sono quelle che proponete voi, che sono 9/10 e che io cerchio in rosso a inizio anno. Dopodiché in mezzo qualche d’una che mi ispira per percorsi, offerta e importanza la inserisco sempre. Per esempio, quest’anno a settembre torno allo Otztaler, che come dicevo ho fatto qualche stagione fa e che mi è piaciuta tantissimo. Sono anche iscritto all’Ultra Cycling Dolomitica, la corsa da 15 giorni che per me sarà un’esperienza nuova e un modo per mettermi ancora alla prova. Sarò anche alla Prosecco Cycling, una manifestazione che lascia volutamente da parte l’agonismo e dove si respira anche lì una festa per i praticanti del ciclismo».