Caparbietà, coraggio e voglia di non mollare mai. Queste sono le tre caratteristiche che ritornano più volte nel racconto di Stefano Marcuccilli, amatore romano di 61 anni, sulla sua lotta contro il linfoma.
«Tutto è iniziato quattro anni fa“, ci ha rivelato Stefano. «Un giorno mi accorsi che mi era uscito un bozzo all’altezza dell’inguine. In un primo momento, però, ho pensato che avessi fatto uno sforzo di troppo in bicicletta e non gli diedi eccessiva importanza. Qualche tempo dopo, su suggerimento di un mio amico, mi sono fatto visitare da un medico che ha fin da subito ha sospettato ci fosse qualcosa di più grave. Infatti, dopo qualche altro controllo, ha scoperto che in realtà si trattava di un linfoma. Il medico ha provato subito a tirarmi su dicendo che fosse un tumore che ormai si sconfigge quasi sempre e in tempi anche abbastanza brevi. Dopo la notizia, però, è cascato il mondo addosso».
Purtroppo si sa, le sfortune non arrivano mai da sole e nel giro di poco tempo arriva un secondo brutto colpo per l’amatore romano: «Poco tempo dopo sono rimasto anche senza lavoro. Io facevo il tassista in affitto, perché la licenza non era mia, per una cooperativa che però è stata chiusa dalla guardia di finanza a causa di problemi finanziari e giudiziari che hanno coinvolto i vertici dell’azienda durante il periodo del Covid. Io in quel periodo avevo appena iniziato il ciclo di chemio terapia e per me è stata una doppia botta. Malato e senza stipendio da un giorno all’altro. E prima che mi è arrivata la pensione di invalidità c’è voluto molto tempo…».

Ovviamente per Stefano non è stato facile trovare il coraggio per affrontare questa sfida: «Devo essere sincero: dalla mia prima seduta di chemio sono scappato prima di iniziare», ha ammesso l’amatore romano. «Poi però ho compreso che se non avessi fatto la chemio avrei rischiato seriamente di morire. Quindi mi sono fatto coraggio e ho iniziato il ciclo. Durante questo percorso ho conosciuto Maria Stella Marchetti e sono entrato a far parte dell’arcobaleno della speranza, la sua fondazione per aiutare i malati di leucemia. Proprio in uno degli incontri ho conosciuto un medico di Torino, ematologo, che anche lui ha avuto linfoma. In comune, però, non avevamo solo la malattia. Entrambi abbiamo una passione sfrenata per la bici. Tanto che la prima volta che ci siamo incontrati dal vivo lui è venuto da Torino a Roma con la bicicletta assistita».
«Io credo che lo sport possa veramente far bene e aiutare nel superare problemi come questi. Ma non sono solo io a pensarlo. I medici l’ospedale di Tor Vergata, con cui noi abbiamo svolto diverse iniziative e con cui sono costantemente in contatto, hanno fatto degli studi sul tema e ho saputo che da qualche tempo hanno iniziato a far fare pilates a chi fa le chemio», ci ha raccontato Stefano.

Il ciclismo è stato un appiglio importante per il capitolino, sia durante la battaglia contro il tumore, sia oggi che sta provando a riprendere in mano la sua vita: «Da quest’anno ho trovato una grande famiglia: la A.S. Roma Ciclismo. Grazie a loro ho ripreso a fare le gare, che erano da 25 anni che non mi ci cimentavo più. Però ho deciso di ricominciare perché le vedo come una sfida con me stesso. Una sfida che so che non posso perdere. Chiudere una Gran Fondo è una specie di rivalsa per me. Ogni volta che finisco una corsa e come aver sconfitto il linfoma di nuovo. Nel darmi questa forza hanno giocato un ruolo molto importante i miei compagni di squadra. Soprattutto quando mi demoralizzo perché mi rendo conto che ormai molto lento e non riesco a tenere il loro passo. È proprio allora che loro mi ricordano che io non ho bisogno di andare veloce e che non importante se non riesco a stargli dietro. Perché io ho già dimostrato il mio valore nel stare lì a pedalare con loro».
Durante la sua lotto contro il linfoma Stefano ha conosciuto campioni delle due ruote come Claudio Chiappucci e Gianni Bugno, due suoi idoli, che gli sono stati vicino e gli hanno dato la forza per continuare. Con Chiappucci, l’ex tassista, conserva anche un simpatico aneddoto: «Un giorno stavo vedendo un film nel quale Claudio aveva fatto una piccola parte. Quello sceneggiato aveva un bellissimo messaggio. Raccontava la storia di un ragazzo con la passione per la bici che durante un’importante gara, nella quale era in testa e stava vincendo, casca si fa male, non chiude la corsa e i suoi familiari lo costringono a non andare più in bici perché troppo pericolosa. La sua passione, però, era troppo forte e quindi contro tutto e tutti decide di riprendere. Questo film, con quel messaggio e visto in quel momento, mi ha dato una carica incredibile. Appena finito ho chiamato Claudio, gli ho raccontato l’accaduto. Da allora ci sentiamo spesso».

Proprio domenica scorsa Stefano si è voluto cimentare in una delle sue sfide preferite: «Domenica ho corso la 24 Ore di Campagnano, all’autodromo di Valle Lunga. È una manifestazione molto ben organizzata. Già lo scorso anno ho preso parte a questa gara e ho corso 400 km. Quest’anno, però, sono riuscito a migliorarmi pedalando per ben 505 km, alla media di quasi 25 km/h. Purtroppo per soli pochi chilometri non sono riuscito ad andare a podio, ma considerando i 44° gradi percepiti che c’erano domenica mattina e la mia condizione fisica, sono più che soddisfatto».