A Campus Bike Convention il punto sull’innovazione nel mondo del ciclismo

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«Abbiamo sempre fatto così» è la morte di qualunque innovazione: questa la frase che ha aperto la prima edizione di Campus Bike Convention, tenutasi nel fine settimana a Bologna e che ha indirizzato gli oltre cinquanta interventi dedicati all’innovazione scientifica nel ciclismo. Innovazione di prodotto, rappresentata da aziende come Colnago e Selle SMP, ma anche innovazione nelle metodologie della preparazione atletica, della nutrizione, della biomeccanica, della tecnologia e della psicologia applicate al mondo dei professionisti, ma anche degli amatori e dei giovani.

«Le grandi rivoluzioni nella storia del ciclismo sono state due. Quella della tecnologia, che negli anni ha trasformato le bici, e quella dell’allenamento: l’analisi dei dati, l’alimentazione, la preparazione personalizzata. Senza un approccio professionale e scientifico, non vinci oggi. Grazie alla scienza l’asticella oggi è così alta che forse io non sarei neppure riuscito a passare professionista», ha detto dal palco Alessandro Ballan, campione del mondo nel 2008, che ha fatto suonare un campanello di allarme. «La domanda è: quanto dureranno i campioni di oggi? ci sarà un Valverde in futuro? Vedremo. Quel che è certo è che in Italia, per i giovani, c’è troppo agonismo e ci sono poche società sul territorio: si lavora solo per il risultato. Va fatta una riflessione attenta».

Sono stati più di 200 i partecipanti alla prima edizione di Campus Bike Convention, provenienti da tutta Italia, con molti volti giovani: «L’innovazione deve partire dalle consuetudini e metterle in discussione: è questo il miglior modo per individuare e superare i falsi miti, perché se continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto difficilmente otterremo risultati migliori», ha aggiunto Omar Gatti, direttore della divisione salute di Bikenomist che ha organizzato l’evento. «Mettendo insieme prestigiosi relatori e un pubblico selezionato che ha alimentato il dibattito, abbiamo contribuito a una riflessione che ci auguriamo possa indirizzare il presente e il futuro del ciclismo italiano, in particolare per quanto riguarda il movimento giovanile».

«I ragazzi di oggi non sanno più andare in bici: occorre partire dalla base e pensare a costruire atleti prima che ciclisti», ha spiegato Diego Bragato, Head of Performance della Federazione Ciclistica Italiana. «Occorre mettere al centro la persona, l’educazione: si deve partire dal proprio corpo, fornire strumenti di conoscenza, non diffondere l’ossessione per il risultato. Bisogna costruire la mentalità e il fisico dell’atleta; solo dopo si può lavorare sulla formazione del ciclista».

«Le nostre biciclette si sono evolute anche grazie alla ricerca scientifica», ha detto Manolo Bertocchi, responsabile marketing di Colnago, main partner dell’evento: «Siamo qui perché dietro le nostre biciclette c’è la scienza. L’esposizione che abbiamo portato a Campus – che rappresenta 70 anni di innovazione – è pensata proprio per sottolineare come la tecnologia, e in particolare l’aerodinamica, hanno fatto evolvere il design, ma anche il ciclismo, di conseguenza». «Il ciclismo fa bene, ma può anche generare problemi, senza un approccio scientifico», è la tesi di Nicolò Schiavon, Selle SMP. «In particolare, la sella è l’elemento più critico dell’interazione uomo/bicicletta, perché stressa una zona delicata, naturalmente protetta, quella perineale. Occorre quindi far evolvere il prodotto sella prima di tutto per risolvere problematiche di questo tipo, sia per i maschi, sia per le femmine. Per questo il design deve partire dalla scienza».

Il ciclismo è fatto soprattutto da amatori, che costituiscono la stragrande maggioranza del movimento. «Il benessere degli amatori deve venire prima della performance», ha detto Paolo Gaffurini, PhD e professore dell’Università di Brescia. «L’approccio scientifico alla base della biomeccanica è finalizzato a rendere la bicicletta un piacere, a eliminare il dolore e le potenziali problematiche. L’allenamento della forza, per esempio, è un elemento essenziale, in particolare per i numerosi ciclisti che hanno superato i 40 anni».