Conoscete il Passo Gavia? E’ una delle salite mitiche del ciclismo, consegnata alla storia dalla giornata epica del Giro d’Italia del 1988. Era il 5 giugno. Quel giorno su questa montagna si è abbattuta una nevicata fuori stagione che ha regalato al mondo della bici una delle tappe più mitiche. In cima, in mezzo alla bufera, scollinò per primo l’olandese Johan Van de Velde, in maniche corte, lanciato verso la conquista della vittoria di tappa, a Bormio. Ma fu sorpreso dal maltempo, con -7 gradi e una vera tormenta. In discesa perse 42 minuti. Si narra che si sia fermato ed entrato, quasi assiderato, in un camper. Il Giro andò all’americano Andy Hampsten.
Noi per fortuna non abbiamo scalato la salita valtellinese in queste condizioni, ma abbiamo comunque incontrato in cima la neve, che ci ha regalato uno scenario da brividi, quasi magico. E’ affrontato dalla Gran Fondo Gavia e Mortirolo, ma in discesa.
Il Passo Gavia ha due versanti, entrambi bellissimi.
Quello più famoso sale da Ponte di Legno e il Giro d’Italia lo ha affrontato quasi sempre (9 volte su 10) da quella parte. Dalla Valcamonica misura 17,4 chilometri, con una pendenza media del 7,8 per cento e rampe al 16 per cento. E’ quello più scelto dai ciclisti, perché può essere inserito all’interno di un loop con il Mortirolo.
Ma anche il versante di Bormio è duro e affascinante.
I chilometri sono di più, poco più di 26, e la pendenza media nettamente inferiore, circa 5,6 per cento. E’ più irregolare e non mancano i tratti durissimi, come quello prima di arrivare a Santa Caterina Valfurva, dritto e con pendenza sempre al 10 per cento. E quello a 6 chilometri dallo scollinamento, con un lungo tratto al 14 per cento in un traverso su un costone roccioso.
Da Bormio il Passo Gavia misura 26 chilometri
Il Passo Gavia da Bormio è un versante affascinante, che prende il via da un borgo che è crocevia importantissimo per altri passi mitici, come lo Stelvio, il Mortirolo, i Laghi di Cancano e il Foscagno. E se lo Stelvio può essere considerato a tutti gli effetti il “re” delle Alpi, il Gavia si merita l’appellativo di “regina”. E basta salire in cima per rendersene conto.
Da Bormio si inizia a salire su una strada molto larga e comoda, lungo la statale 300. Subito uno strappo di un chilometro all’8 per cento, poi la salita diventa facile nelle frazioni di Uzza, San Niccolò e Sant’Antonio. Al chilometro 5,5 cambia di nuovo faccia e si passa in un batter d’occhio dal 3 al 9 per cento. Sarà così fino al borgo di Santa Caterina Valfurva, ultimo paese che incontrerete sulla strada verso il passo.
Il lungo falsopiano che vi porta in paese vi permette anche di riprendere iato, anche perché da qui in poi la pendenza raramente mollerà la presa. Si comincia con un 7 per cento, con tanti tornanti in mezzo al bosco, davvero molto affascinanti. Il panorama inizia a diventare davvero incredibile. All’uscita di ogni tornante, qualche metro per prendere fiato, poi la strada torna a salire. Davanti agli occhi avrete il Gran Zebrù, cima che sfiora i quattromila metri di quota.
Occhio al “muro” dopo Ponte dell’Alpe
Pendenze costanti al 7 per cento per altri sei chilometri, ma il tratto più difficile arriverà al chilometro 19, nei pressi di Ponte dell’Alpe. Tre chilometri durissimi con punte al 14 per cento, che portano fino al Rifugio Berni. Qui abbiamo iniziato a vedere un po’ di neve a bordo strada e sentire i fischi delle Marmotte. Non è raro poter ammirare gli stambecchi, in un pianoro che assomiglia a un territorio lunare.
Al Rifugio Berni la salita molla la presa, i restanti 4 chilometri sono tutti da godere e fotografare, Un lungo falsopiano, con dei tratti al 5 per cento, fino ad arrivare a vedere il “lago bianco”, uno dei più spettacolari delle Alpi, spesso ghiacciato già in autunno.
Il Rifugio Bonetta è davanti ai vostri occhi. E poco importa se sui cartelli c’è scritto 2.652 metri invece dei reali 2.621. Chi arriva quassù ha compiuto una vera impresa.