Bennati alla Fondazione Scarponi: «Se la politica non ci segue, il ciclismo su strada rischia di scomparire»

Marino Bartoletti e Daniele Bennati sul palco di piazza delle Monachette a Jesi (foto: Candolfi)
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Una serata dolcissima, nell’incanto di piazza delle Monachette a Jesi, in cui si è parlato di violenza stradale senza rinunciare a raccontare il mondo in forma di favola ai bambini della scuola ciclismo: è la magia di Michele Scarponi, che ancora scende come una polverina dorata su quelli che sono rimasti a ricordarlo.

Primo tra tutti suo fratello Marco, che ieri ha celebrato i primi cinque anni della Fondazione con tutta una giornata dedicata ai temi cardine del suo lavoro: l’educazione stradale, l’assistenza alle vittime e alle loro famiglie, la battaglia per una normativa sempre più attenta agli utenti fragili (anche se purtroppo le leggi allo studio sembrano andare in direzione ostinata e contraria), le città 30 come regola e non più come eccezione. Tanti gli ospiti della Fondazione, un pubblico numeroso e attento. Beppe Martinelli è stato nominato «socio onorario» della Fondazione.

Scarponi
Sul palco Alessandra Giardini, i genitori di Michele Scarponi, Flavia e Giacomo, Beppe Martinelli e Marco Scarponi, fratello del campione. A sinistra il presentatore della serata Alfredo Di Giovampaolo (foto: Candolfi)

Clou della serata l’arrivo sul palco di quello che Marino Bartoletti ha definito «il ct più bello d’Italia», Daniele Bennati. Daniele ha raccontato di quando lui e Michele sono passati professionisti nella stessa stagione (li divideva un anno esatto di età: Scarponi nato il 25 settembre 1979, Bennati il 24 settembre 1980) e nella stessa squadra. Erano insieme (anche in camera) anche quando hanno corso la prima volta tra i professionisti, al Giro del Qatar. Ricordi che restano confinati alla serata di Jesi e che hanno divertito tutti i presenti, compresi i genitori di Michele, Flavia e Giacomo, e i suoi nipoti Attilio, Elena (che corre in bici) e Stella.

Ma quello che Bennati ha detto prima che su Jesi scendesse la notte merita di essere raccontato a tutti. «Da un anno e mezzo, da quando sono ct, sono stato contattato da politici di tutte le parti. La politica non è il mio mestiere, di quella non mi intendo e non parlo. Parlo di quello che so: l’Accpi e Marco Cavorso stanno facendo una battaglia importante per la sicurezza sulle strade. Ma se a livello politico non ci vengono dietro, non andiamo da nessuna parte. Sento sempre dire che l’Italia non è l’Olanda, ma non c’è mica bisogno di andare fino in Olanda, basta guardare la Spagna. Io ho corso gli ultimi anni della mia carriera in Spagna, e sulle loro strade c’è rispetto assoluto per i ciclisti. Le auto ti stanno dietro finché non c’è tutto lo spazio per superare, nessuno si sogna di perdere la pazienza. Non è un caso che ormai tutte le squadre vadano ad allenarsi e a prepararsi in Spagna. Da noi questo rispetto non c’è, allenarsi sulle strade italiane è un incubo. Abbiamo perso Michele, abbiamo perso nello stesso modo Davide Rebellin. Quanti altri ne dovranno morire perché la politica capisca che questa è una priorità?». Bennati si è tenuto l’ultima frase, fortissima, per il finale. «Se le cose non cambiano, il ciclismo su strada rischia davvero di scomparire». Un appello che non può rimanere inascoltato.