C’è qualcosa che ti provoca quel piccolo rumore in testa, una specie di ronzio di sottofondo che ti dice che la tua vita non può essere questa. Da piccolo – in un posto bellissimo: Angera, sul lago Maggiore, sponda lombarda – eri uno dei pochi con la passione per la geografia, alle elementari sapevi tutte le capitali, era inevitabile che il passo successivo fosse: voglio andare a vedere. Andrea Alessandrini un bel giorno ha deciso di farlo. Prima per gradi, «le prime esperienze in Europa e in Nordamerica», poi sempre più di frequente («accumulavo i turni al lavoro per potermi ricavare due-tre mesi l’anno per i miei viaggi»), finché un bel giorno ha mandato una lettera di dimissioni ed è entrato di corsa nella sua seconda vita. È successo un anno fa, e non si è mai pentito. «Dovevo farlo, sentivo che quella non era la mia vita. Certo, non so dove questa mi porterà».
Flashback. Dal lago Maggiore Andrea si trasferisce a Roma, quartiere Garbatella. «Lavoravo nel campo delle statistiche e dell’economia delle scommesse sportive». Dopo quindici anni il trasferimento: altra azienda e altra città. «Con Milano non mi sono preso. Ma non ho pensato di cambiarla io, sarebbe stato come lottare contro i mulini a vento. Mi sono detto: sono io che non sono adatto. Così mi sono licenziato e mi sono inventato un’altra vita». Alzi la mano chi non ci ha pensato almeno una volta. Lui lo ha fatto. Dal trekking alla Ciudad Perdida, in Colombia, al Nepal, alla Patagonia, dalle Lofoten al Kilimanjaro. A piedi o in bicicletta. A piedi sul Torres del Paine, sull’Himalaya e sulle montagne africane. In bici per i 1080 km della Carretera Austral, sui grandi passi alpini o fino a Capo Nord. Da passione a lavoro: Andrea ha appena preso il patentino di accompagnatore turistico. Quest’estate comincerà la sua collaborazione con la società australiana Intrepid. Intanto scrive anche per i tedeschi di Komoot, che pianificano e condividono avventure.
Da sempre sportivo («sono partito dalla bici poi ho cominciato a correre, a fare trekking e alla fine ci ho messo anche le immersioni»), Andrea compirà trentanove anni a novembre. Non sa cosa rispondere a una domanda semplice come: dove vivi? Però si deve organizzare e prima o poi troverà una risposta. Forse. È appena tornato da quattro mesi in Sudamerica, dal nord dell’Argentina fino alla Patagonia. Il Sudamerica gli è molto congeniale, «gli argentini sono nostri cugini, e vado pazzo per il loro modo di mangiare, per la loro carne». Il primo viaggio sportivo lo ha fatto nel 2011 in Colombia, alla Ciudad Perdida, «una gran fatica, perché ero stato operato al menisco 50 giorni prima però è stato un colpo di fulmine». L’altra svolta il primo trekking di 17 giorni in Nepal. Il viaggio più complicato quello che lo ha portato nella Carretera Austral, in Cile, «non potevo portarmi la bici dall’Italia, la noleggiai e la lasciai a 1.200 km di distanza, e pedalai controvento, da sud a nord». Il posto più particolare dove ha dormito è il camping che c’è 15 chilometri prima di Capo Nord, «sei in un fiordo e in fondo vedi il promontorio di Capo Nord: una bella sensazione quella di essere arrivato alla fine del mondo. Poi ho trovato una famiglia di italiani, erano in quattro, mi hanno regalato una foto meravigliosa che mi avevano scattato dalla macchina: io che pedalo in mezzo alle renne».
Andrea scrive tutto sul suo blog Travelsbeer, https://www.travelsbeer.com/, dove la birra è così centrale da essere finita nel titolo. «Sono un grande fan della birra: primo perché mi piace bermene una dopo l’attività fisica, ma anche perché con birra intendo tutto ciò che entra nella cultura di un posto. In Patagonia ci sono delle birrerie spettacolari. Nel 2016 sono stato in Nuova Zelanda e già allora c’era la cultura delle birrerie artigianali, prima che arrivasse da noi. Quando càpito in una città cerco sempre la birreria migliore». Quanto al cibo, sul suo podio ideale con quello argentino Andrea mette l’indiano e l’etiope. Mentre agli ultimi posti inaspettatamente c’è la Bolivia. «Uno dei posti più belli che ho visto, purtroppo non posso dire la stessa cosa per la cucina, se la giocano con le Filippine». Quanto alle paure, Andrea ne ha due. «I serpenti: mi terrorizzano, spero di non incontrarne mai uno. E l’altra è una paura mentale: quella di non emozionarmi più di fronte alla bellezza, spero che non mi succeda mai».
Con la bici Andrea va dappertutto, o quasi. «È un modo per viaggiare lentamente ma non troppo, quello che vedi in bici ti lascia una sensazione migliore dal punto di vista dei sensi, i rumori, gli odori. La bici acuisce ogni cosa». Della lentezza Andrea ama tutto, e ora accompagnerà i turisti sulle strade di Francia e Italia. «Purtroppo devo dire che le nostre sono le strade più pericolose che ho visto, è una questione di rispetto, da noi manca. Soltanto in Finlandia, uscendo da Turku, ho provato la stessa sensazione di insicurezza». Quando ha cominciato a girare in bicicletta aveva tre sogni: il giro del lago Maggiore. salire sul Blockhaus partendo dalla casa dei nonni a Francavilla. e poi andare da Roma a Pescara. Dopo tredici anni possiamo dire che Andrea è andato molto oltre la sua immaginazione. I prossimi progetti sono la Ventimiglia-Trieste, ovviamente passando dalle Alpi, e poi salire sull’Aconcagua, la vetta più alta dell’Emisfero Australe. Dalla lentezza della bici Andrea vede tutto, anche il mondo che cambia e il clima stravolto. «In Perù ho visto un cartello, c’era scritto: Ruta del Cambio Climatico. Ho chiesto cosa fosse, ed è un’esperienza traumatica. È il sentiero per Nevado Pastoruri, che in meno di due decenni ha ridotto notevolmente il ghiacciaio, con un danno irreversibile: e tu lo puoi vedere. Da quando ho scelto i viaggi lenti ho diminuito drasticamente l’uso di aerei. Fin dove posso vado in bici».